Addestratore e istruttore sono, a mia opinione, due figure professionali complementari, o meglio, la seconda è strettamente collegata alla prima. Non penso si possa essere dei buoni istruttori di equitazione senza essere prima dei buoni addestratori. Questo perché nel processo formativo equestre di un allievo, a differenza che in qualunque altra disciplina o sport, esiste una variabile fondamentale e non trascurabile: il cavallo.
Troppe volte ho assistito a lezioni di equitazione totalmente inutili se non addirittura deleterie per la progressione tecnica dell'allievo. Nella maggior parte dei casi gli istruttori gestivano la lezione come previsto dai manuali correggendo in maniera generica seppur corretta. E allora perché la lezione sarebbe inutile? Addirittura dannosa?
Immaginate l'istruttore in mezzo al campo. "Per entrare nell'angolo devi mettere la gamba interna e flettere il cavallo". A quel punto l'allievo farà pressione con la gamba, tenterà di girare il naso della propria cavalcatura all'interno mentre il cavallo si lancerà inesorabilmente verso il centro, tagliando l'angolo e controflettendosi.
Quante volte ho visto allievi sudare e sbuffare nel vano tentativo di eseguire ciò che gli veniva richiesto, ottenendo risultati praticamente nulli e in compenso, oltre ad un imbruttimento della posizione in sella, un gran senso di sconforto. Sconforto portato dalla sensazione che il cavallo ignorasse o addirittura fosse seriamente infastidito dagli aiuti utilizzati.
Questo accade perché un allievo non può associare alle sue richieste la giusta sensazione e quindi impadronirsi di nuove competenze tecniche se non ottiene un riscontro concreto da parte del cavallo. Continuando a ripetere la stessa correzione o chiedendo di aumentare la forza, otterrò solo un allievo che si contorce in sella, compromette il proprio assetto e si limita ad eseguire una sequenza di azioni senza comprenderle, ma solo perché "bisogna fare così".
Per questo è di fondamentale importanza che il cavallo che l'allievo monta sia addestrato a rispondere a ciò che l'istruttore spiega di fare. Ciò può avvenire solo se il cavallo è sensibile e non reso assente da decine di ore di lezione durante le quali, come è ovvio che sia, le richieste goffe e gli errori degli allievi lo rendono sempre più sordo.
L'influenza positiva di un cavallo da scuola ben addestrato sull'apprendimento degli allievi
Un buon cavallo da scuola (in un mondo utopico me ne rendo conto) dovrebbe essere quasi quotidianamente montato da un professionista, per avanzare nel lavoro, mantenere una buona forma psicofisica e rimanere sensibile agli aiuti. Spiego sempre ai miei allievi che l'istruttore può dare delle indicazioni, ma poi sono loro a dover sentire e impadronirsi della sensazione giusta. Perché sarà solo quella a renderli capaci di creare un reale dialogo con il cavallo e di migliorare la loro sensibilità equestre.
George Morris diceva che "Every second you're either schooling or unschooling your horse. There is no in-between". Non esiste il "muovere" un cavallo. Ogni volta che saliamo in sella noi stiamo addestrando o disaddestrando.
La pratica dell'equitazione di per sé è già resa complessa dal fatto di avere un numero molto limitato di tentativi per imparare. Se non riesco a fare una transizione al galoppo, non mi è possibile ritentare molte volte come in qualunque altro "sport".
Per anni ho praticato danza classica e se non riuscivo a fare un doppio giro a sinistra potevo rimanere ore davanti allo specchio a fare i conti con me stessa e con i miei limiti. In equitazione dopo qualche tentativo non andato a buon fine avrò sicuramente più difficoltà a convincere il cavallo a fare ciò che gli sto chiedendo, avendo per più volte associato i miei aiuti ad una mancata risposta. Inoltre dovrò rispettare la sua pazienza e la sua fatica obbligandomi a smettere ben prima di quanto vorrei.
Proprio per questo motivo è fondamentale che il cavallo sia nelle condizioni migliori per poter comprendere ed eseguire ciò che l'allievo sta imparando a chiedere. Ciò non renderà l'apprendimento semplice ma rimetterà la riuscita dell'esercizio alle competenze di chi è in sella. Gli istruttori spiegano sempre che la colpa, quando non si riesce, non è mai del cavallo. Concetto corretto e bellissimo, ma che va reso concreto in campo mettendo gli allievi nelle condizioni di diventare realmente responsabili delle loro azioni.
A cura di Giulia Barberis, per Fedda.
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