Abbiamo tutti in mente la straziante scena del povero “Saint Boy” al pentathlon delle Olimpiadi. Tutta la comunità del salto ostacoli è inorridita di fronte a tale situazione, giustamente. Eppure, vedere quella scena non mi ha stupita. Perché, vi starete chiedendo? I cavalli sono i più bravi in assoluto a tirare fuori il meglio, ma soprattutto il peggio dalle persone. A chi non è mai successo? Diciamoci la verità, è capitato a tutti, più di una volta, di arrivare a dei livelli di frustrazione mai raggiunti prima con il proprio cavallo.
E se non mi credete, basta andare a vedere qualche gara, anche a livelli molto bassi, vi assicuro che se ne vedono molti esempi, soprattutto quando gli obiettivi e le aspettative si mettono in mezzo: nei mesi precedenti ci si è dedicati anima e corpo, si sono investiti tanti soldi, tanto tempo, e non si vuole deludere né la famiglia né l’istruttore - e puntualmente il cavallo fa tutto il contrario di quello che si vorrebbe. È più facile comunicare con un cane, predatore come noi, è più facile con le altre persone, che parlano il nostro stesso linguaggio, ma quando si tratta dei cavalli ahimè, è tutt’altra storia…
L'atteggiamento al primo posto
La mia missione credo sia proprio questa, mettere l’atteggiamento al primo posto, partendo dai miei studenti. Se un mio studente facesse una cosa del genere, violasse il suo cavallo in questo modo, sarebbe il più grave fallimento a cui potrei mai andare incontro. Perché il fallimento non è una barriera, non è un circolo, non è una fermata in gara, non è una caduta, non è un eliminato. Questi non sono fallimenti, sono occasioni per crescere e migliorare - e sono feedback. Il fallimento è proprio vedere gli allievi arrabbiati, frustrati, delusi, che riversano tutto ciò sul cavallo. Perché errare è umano, dare la colpa al cavallo è ANCORA più umano.
Capire il punto di vista del cavallo
Ma è possibile cambiare il mondo? Sì, ma bisogna cambiare prospettiva sull’equitazione. E non sto parlando di cambiare approccio totalmente, di dover stravolgere la vita di binomi. Sto parlando solo di cambiare atteggiamento. Come? Cercando di capire il punto di vista del cavallo, ed è questo l'obiettivo che mi pongo in questa serie di articoli. Come ci percepisce il cavallo? Come percepisce il cavallo il salto? Sente i nostri stati d’animo? In che modo e come possiamo cambiare? Quale sarebbe il miglior modo di poter spiegare loro cosa vogliamo e come vivere serenamente in un ambiente artificiale, addirittura in gara?
Perché la gara, parliamoci chiaro, la facciamo solo ed esclusivamente per noi, ed è il minimo, almeno per quanto mi riguarda, renderla un’esperienza piacevole e il più possibile serena per i nostri partner. Per me la gara è solo ed esclusivamente un feedback della nostra relazione: a volte dobbiamo imparare noi, a volte devono imparare i cavalli, a volte manca qualche ingrediente, e gli obiettivi, se vissuti come dovrebbero essere vissuti, esistono solo per testare i nostri principi. Avrò ancora un amico quando esco dal campo gara? Io sì, assolutamente, a prescindere da come sia andata dentro il campo gara. Magari con delle cose in più su cui devo lavorare, o delle soddisfazioni in più, ma sempre e comunque con gratitudine nel cuore.
Cercherò di semplificare al massimo, e se questo aiuterà anche solo un binomio, sarà già un successo! Vi ringrazio quindi per il vostro interesse, ma alla fine vi ringrazieranno loro, i cavalli.
A cura di Isabel Mandy, per Fedda.
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